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Gianfelice Facchetti a Sarno (Sa)

Sarno, venerdì 16 novembre 2007 – Il sogno per noi è di un calcio sottratto all’idiozia calcistica, alla violenza, alla corruzione e all’inquinamento che minacciano di soffocarlo. Un calcio ricondotto nuovamente alla sua fonte originaria, al suo essere gioco carico di avventura, al piacere  provato dai bambini che una volta giocavano senza limiti di orari nei campetti di periferia o dell’oratorio, richiamati dal rimprovero della mamma esasperata, che dal balcone li esortava finalmente al ritorno a casa. Una riflessione sul rapporto tra etica e sport dopo lo scandalo di Calciopoli e i recenti episodi di violenza dentro e fuori gli stadi, ha visto Gianfelice Facchetti, figlio dell’indimenticato e indimenticabile campione dell’Inter, raccontare ai ragazzi della scuola calcio “Giacinto Facchetti” di Sarno i veri valori del calcio, attraverso la proiezione nel centro sociale del film-documentario “Il Capitano”, presentato quest’anno al festival del cinema di Venezia e dedicato a papà Giacinto.    

 

Forse dobbiamo tutti tornare ad imparare dal calcio amatoriale, giovanile e superdilettantistico (che comunque non va idealizzato perché pure in esso vi sono i germi e le potenzialità della degenerazione propria del calcio “maggiore”), il senso dell’avventura individuale e collettiva, il candore  e la passione del gioco, la sua bellezza e purezza. Ecco perché la posta in gioco non è infatti solo calcistica, ma etica e morale, e riguarda il nostro intero modo di essere e di vivere. E’ la sua sopravvivenza, il suo indebolimento o rafforzamento che è qui in questione. Ripensare  il calcio vuol dire per noi, fra l’altro, ripensare il rapporto fra gioco ed esistenza. Un bambino che non gioca è un bambino triste, e questo non vuol dire che soltanto da bambino si debba giocare, perché il gioco è qualcosa di essenziale .

 

Il calcio cessa di essere un gioco nel momento in cui dietro le quinte qualcuno se ne serve, lo usa per altri fini, lo controlla, lo manipola, lo trucca. E’ chiaro che un gioco truccato non è più un gioco ma ci ritroviamo o rischiamo fortemente di ritrovarci  nella situazione assurda e orribile di non concepire più alcuna alternativa al gioco truccato e di accettare il gioco truccato come unico gioco per noi possibile. L’assuefazione a qualunque imbroglio, la mancanza di scrupoli morali e la rassegnazione supina al cattivo esistente sembrano giunti a un punto estremo.

 

La presenza a Sarno (è la seconda volta) di Gianfelice Facchetti, che non è voluto mancare a questo importante appuntamento su etica e sport organizzato dall’USD INTERCAMPANIA in collaborazione con l’Inter Club Sarno, ha avuto questo significato: spiegare ai ragazzi della scuola calcio che porta il nome di suo padre, i veri valori del calcio, quelli che papà Giacinto ha trasmesso come calciatore, come uomo e come dirigente integerrimo. Autore, regista e attore teatrale, un passato come portiere nelle giovanili dell’Atalanta, poi la formazione alla scuola di recitazione teatrale “Quelli del Grock”, interista doc, stesso naso, stesso fisico e stesso carattere di papà Giacinto, Gianfelice, 32 anni, per un giorno è ritornato bambino quando sul campetto di Lavorate, sotto una pioggia lieve ma insistente, si è messo a correre dietro a un pallone con i ragazzi della categoria giovanissimi, sotto lo sguardo attento ed emozionato di Alessandro, 14 anni, che sembra aver finalmente vinto il male del secolo. “E’ stato un momento molto bello, che non dimenticherò”, ha detto Gianfelice, che ha appena finito di girare un film, “Il tredicesimo uomo”, che ha come trama proprio la corruzione nel calcio di oggi.

Antonio Orza

 

 
     
 
     
 
     
 

 


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